ARTE E CULTURA
Il lavatoio medievale di Cefalù
Una traccia del passato, simbolo della quotidianità siciliana
Cos’è un luogo senza traccia del suo passato? Per conoscere davvero una città, un paese, un territorio, non resta che andare alla ricerca delle storie e delle leggende che ne rivelano l’anima più antica, dove risiedono abitudini, credenze e tradizioni.
Superata la lunga distesa di spiaggia di Cefalù, tra le viuzze del comune palermitano, si raggiunge via Vittorio Emanuele che qualche metro sotto il livello della strada, nasconde un angolo prezioso: il lavatoio medievale. Attraverso un’ampia scalinata in pietra lavica e lumachella, con un leggero andamento a chiocciola, ecco scorgere il lavatoio pubblico nei pressi del tardo rinascimentale Palazzo Martino.
«Qui scorre Cefalino, più salubre di qualunque altro fiume, più puro dell’argento, più freddo della neve». Una scritta all’ingresso del lavatoio restituisce già l’idea di un luogo curioso che nasconde una storia particolare. Secondo la leggenda, infatti, il fiume Cefalino sorge dal dolore di una ninfa che, dopo aver ucciso il suo amato che l’aveva tradito, se ne pentì annegando di lacrime l’antico lavatoio di Cefalù.
Lo stesso fiume della leggenda, in origine, scorreva a cielo aperto lungo il lavatoio, ma nel diciassettesimo secondo è stato coperto. Una semplice modifica che ha permesso che il fiume convogliasse e poi sfociasse direttamente sul mare attraverso un piccolo antro.
Questa non è stato l’unico cambiamento perché ancor prima, nel 1514, il lavatoio medievale fu demolito e poi ricostruito in posizione più arretrata rispetto alle mura cittadine. I lavori di restauro sono terminati nel 1991 valorizzando ancora di più il luogo, che rappresenta per i turisti che ogni anno affollano Cefalù e per gli stessi cittadini, un esempio della vita medievale siciliana.
Ventidue bocche di ghisa, di cui quindici teste leonine, sono disposte lungo le pareti del lavatoio sovrastate da basse volte. Qui le lavandaie andavano per pulire il bucato, tra grida e canti siciliani, utilizzando le apposite vasche per strofinare i panni. Quello che era un rituale quotidiano di un tempo, oggi è un simbolo concreto e ancora intatto della storia del borgo marinaro di Cefalù.
Si pensa che fino a pochi anni dopo il restauro dell’antico lavatoio, le lavandaie hanno continuato ad utilizzare le vasche per strofinare e pulire i propri panni, come a non voler abbandonare le antiche abitudini siciliane.
Le acque gelide del fiume Cefalino che si riversano sul mare, la pietra brillante del lavatoio, così come il grande arco che sovrasta l’area coperta e l’ampia discesa di scale, sono quindi una delle tante attrazioni della cittadina riconosciuta come uno dei borghi più belli d’Italia, dove armonicamente convivono storia, arte e cultura e dove il turismo è sempre vivo.
Soprattutto in estate, i numerosi turisti approfittano della fresca atmosfera del lavatoio medievale, si seggono sui gradini “a lumachella” all’ombra, prima di riprendere il percorso lungo gli altri incantevoli luoghi di Cefalù. A pochi passi, per esempio, percorrendo la strada anticamente detta “del Fiume”, si giunge al caratteristico porticciolo ma anche alla piazza principale dove sorge l’imponente Duomo.