MAGAZINE
Alla scoperta della Giudecca di Cefalù
Passeggiando all’esterno del centro storico di Cefalù potreste inconsapevolmente ritrovarvi in uno dei quartieri che hanno più caratterizzato la vita della cittadina dal 1200 al 1400.
Stiamo parlando della Giudecca, la lunga strada aperta dalla porta della Giudecca su quello che fu il quartiere ebraico della città. La zona occupata all’epoca dagli ebrei, ovvero i giudei, da cui il quartiere prende il nome, corrisponde all’attuale quartiere che va da via Candelora alla cinta muraria corrispondente, al cui interno è situata la chiesa di S. Antonio.
La testimonianza della presenza degli ebrei in città è ancora molto viva e sentita, nonostante siano passati più di 600 anni dalla loro cacciata. Di fatto, rispetto al rinnovamento del centro storico avvenuto tra gli anni ‘90 e il Duemila, la Giudecca è sempre rimasta un po’ chiusa in se stessa, come a voler preservare quella rilevanza storica che l’adattamento turistico subito da Cefalù ha messo da parte.
In questo modo, tuttavia, la Giudecca è riuscita a mantenersi viva, così come il ricordo degli Ebrei che popolarono questa zona per quasi 200 anni. Abbiamo notizia della loro presenza sia nel Libro Rosso della Città di Cefalù che nel Rollus Rubeus della Curia vescovile di Cefalù, due importanti testi sulla storia della cittadina.
L’arrivo degli Ebrei a Cefalù viene fatto risalire ai tempi di Gneo Pompeo, militare e politico dell’antica Roma vissuto intorno agli anni 50 a.C. Nei duecento anni successivi gli ebrei si stabiliscono in Sicilia diventando una parte importante del tessuto economico e commerciale: nel quartiere della Giudecca risiedeva il cuore della ricchezza di Cefalù, poiché gli ebrei erano dediti soprattutto al commercio di oggetti lussuosi e opulenti.
La convivenza tra cristiani ed ebrei era del tutto pacifica. Nella costituzione del Regno di Sicilia, il sovrano, Federico II, dichiarava che agli ebrei e ai saraceni (gli attuali musulmani) venivano riconosciute le stesse garanzie dei cristiani, “perché non vogliamo che innocenti vengano perseguitati soltanto perché Ebrei o Musulmani”. Tuttavia, la virtù commerciale e la ricchezza degli ebrei non passò a lungo inosservata, causando un crescente malcontento tra i nobili che culminò con il decreto di espulsione emanato dal re Ferdinando di Aragona nel 1492.
Nello stesso anno in cui l’America viene scoperta, quindi, in Sicilia si compie un atto di allontanamento nei confronti degli ebrei, giudicati non in base alla razza bensì in base all’appartenenza religiosa: a chi si fosse convertito alla religione cattolica, infatti, sarebbe stato concessa la permanenza in città.
Ciò non bastò, tuttavia, a fermare l’emigrazione degli Ebrei, che per tutto l’anno a seguire lasciarono la Sicilia onde evitare la pena di morte prevista in caso di permanenza senza conversione alla religione cristiana.
Cosa resta, oggi, del quartiere della Giudecca a Cefalù?
La presenza ebraica viene percepita in un influsso leggermente diverso del dialetto locale, a volte riconosciuto come “arabo” quando, invece, è proprio una reminiscenza dello giudeo-arabo parlato dagli ebrei.
La Giudecca, inoltre, divenne successivamente il quartiere dei pescatori; ancora oggi questa appartenenza al mare viene percepita camminando per le vie di questo “borgo nel borgo” dentro la città di Cefalù.